Addio stampa?

Secondo Rob Curley, 37 anni, ingaggiato dal Washington Post per rilanciare il quotidiano e il suo settimanale Newsweek, esistono due tipi di editori di giornale: “Quelli che pensano che la parte più importante della parola newspaper sia ‘news’ (notizie), e quelli che pensano che sia ‘paper’. Chi lavora per un editore convinto che paper sia la parte più importante della parola, farebbe meglio a tenere pronto il curriculum vitae”.
Cosa ne pensate?

4 risposte a "Addio stampa?"

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  1. Ciao Marco.
    Sempre più la tecnologia forza la separazione tra ambiti.
    Il contenuto non è più attaccato e dipendente dal canale che lo trasporta. Oggi un contenuto può viaggiare attraverso la carta del giornale, il web, le celle degli operatori di telefonia cellulare, la tv, l’IpTv, la webTv, e potrei continuare con almeno altri 5 tecnologie. Su tutte c’è mercato ci sono utenti. I giornalisti che vogliono fare la professione specalizzandosi su un linguaggio tipico di un unico medium credo facciano un clamoroso errore. Oggi chi lavora nella comunicazione deve soprattutto capire e conoscere la foresta dei media, conoscerne la grammatica e saper adeguare un contenuto ai diversi ambiti di applicazione e soprattutto avere ben chiara una strategia e sapere quali sono i canali migliori per soddisfare gli obiettivi.
    Il paper è sicuramente sotto fortissima pressione. L’oggetto non sparirà, ma ridurrà sicuramente la propria presenza. In più il contenuto è liquido, si adegua ai contenitori che trova come, appunto, un liquido che prende la forma del contenitore.
    Ma siamo appena all’inizio di questa rivoluzione. Qualche anno fa ho scritto sul giornalismo al tempo di internet La mia tesi era che il web avrebbe cannibalizzato la carta. Mi diedero del pazzo.
    Chi era il pazzo?

  2. sicuramente non ci sarà un tracollo. erosione sì. necessità dei giornali di ripensare il loro ruolo e la loro organizzazione sì. necessità di uscire dalla gabbia delle agenzie e lavorare sulle news, su vere news. inchieste, reportage, che al momento sono il punto meno forte dei giornali online (ma il servizio di gatti sugli ospedali dimostra anche il contrario), assolutamente sì.

  3. Il problema (anche se offre opportunità nuove) per chi si occupa di politica (e di comunicarla) è la frammentazione dei mezzi e dei pubblici.
    I quotidiani devono a mio avviso recuperare le inchieste, dedicarsi alla analisi e a fornire chiavi di lettura.
    E’ ancora pensabile aspettare l’uscita del quotidiano per dare una notizia che, a quel punto sarà vecchia di 24 ore?
    Dove cercate le informazioni?

  4. O forse è il quotidiano che, per sua natura, è destinato a morire lasciando le news rapide a Ansa e bollettini online e gli approfondimenti a magazine settmanali/mensili..?
    Per ciò che riguarda la frammentazione non è problema solo per la politica ma per tutta la comunicazione che è cresciuta con pochissimi canali e pochi codici linguistici da conoscere, nonchè una grossa fetta del business delle agenzie pubblicitarie consisteva nel media buying. Oggi deve narrare, scegliere dove raccontare e come raccontare e pensare che ci sia coerenza nei vari linguaggi sui vari media. Pensare a uso diverso dei vari media e effetti incrociati. Ma c’è da dire che queste competenze si devono pagare. Chi sa comunicare oggi ha una professionalità. Non è facile destreggiarsi in questa foresta!!!!

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