La scheda elettorale

Anche la scheda elettorale sta diventando materia di campagna elettorale, ma è evidente che l’edizione 2008 può generare errori: non solo c’è la questione dei simboli attaccati, ma sono posti sulla stessa linea partiti non coalizzati.

Basta mettere al confronto le due schede. Ma sono stati fatti dei test su possibili elettori prima di mandarle in stampa?

2 risposte a "La scheda elettorale"

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  1. La peggior campagna elettorale degli ultimi quindici anni.
    Le elezioni del 13-14 aprile prossimi verranno ricordate per questo: pochissimo appeal, campagne raffazzonate e assolutamente non pianificate, colpi di scena zero, toni pacati (meglio, soporiferi), programmi simili e poco incisivi, solite promesse.
    La politica italiana è veramente arrivata al capolinea?
    Dopo il fallimento della Seconda Repubblica testimoniato dalla proliferazione di mini sigle e partiti del 2% e culminato nello stallo politico di questo ultimo biennio, era ipotizzabile che questa campagna potesse segnare l’avvio di una nuova stagione (la terza) della vita democratica del nostro Paese. Non è stato così.
    La campagna elettorale ne è una prova. Dopo l’exploit della scorsa chiamata alle urne, quella, ormai famosa, del 2006 vinta per un pugno di voti dal centrosinistra, caratterizzata da una campagna di altissimo livello “tecnico” con alle spalle, da una parte e dall’altra, mesi di ingegneria elettorale degni dei confronti del mondo anglosassone, tutti si aspettavano il bis a metà aprile. Ovvero nuovo ricorso a campaign manager d’oltre oceano, definitivo sdoganamento della propaganda su internet, mediatizzazione della campagna attraverso l’uso di testimonial, ecc.
    E invece? E invece nulla. Si è tornati indietro, ripiombando, di botto, nell’anonimato più totale.
    Vediamo come.
    Walter Veltroni con il Pd ha deciso di puntare sul rinnovamento. Prescindendo da discorsi sull’indefindibilità di questa posizione sostenuta da un soggetto che, nonostante i suoi 52 anni d’età, vanta 35 anni di militanza politica alle spalle, Walter ha in realtà forgiato la sua campagna sul tema del “remake”.
    Partiamo dallo slogan “Si può fare”, versione italica dell’obamiano “You Can” del candidato democratico artefice della morte politica della Clinton. Possibile che il Pd non potesse elaborare uno slogan di cui poter vantare la paternità e non la semplice adozione a distanza?
    Punto secondo. Il pullman. Non vi ricorda nulla? Sì, è vero, il colore adesso è verde e non più giallo, ma si tratta pursempre della riproposizione della campagna di Prodi del 2006 (a sua volta remake del pulmino giallo utilizzato dallo stesso premier nella tornata del 1996). Un inno alla fantasia, insomma.
    Terzo. L’Obama de noaltri. Non bastasse il copia incolla dello slogan, Walter ha deciso di identificarsi totalmente nella figura del democratico Obama. E’ notizia fresca, infatti, la pubblicazione sul sito internet http://www.sipuofare2008.net di un video pro Pd in cui intervengono diverse star dello spettacolo (da Giobbe Covatta a Neri Marcorè). In se per se l’idea è buona, ben strutturata e ben realizzata (non a caso pensata, diretta e voluta da 8 esperti di comunicazione). Ma… il video non è farina del sacco Pd , bensì un omaggio al partito veltroniano fatto da un gruppo di simpatizzanti. In ogni caso la clip non è stata sufficientemente spinta e pubblicizzata dal Pd (non ci credono? non se la sentono di rischiare una campagna nuova e diversa dal solito?) e, soprattutto, il suo valore simbolico viene totalmente distrutto dal fatto che lo spot rappresenta l’ennesima tappa del remake tour di Veltroni visto che la presa di posizione delle celebrità holliwoodiane è ormai una prassi negli Stati Uniti sia per i candidati democratici che per i repubblicani.
    Volgendo lo sguardo dall’altra parte lo scenario non è poi molto migliore. Eppure, da un imprenditore-politico (non un politico-imprenditore) come Berlusconi ci si aspettava molto, ma molto, di più. Se non altro perchè memori della performance del 2006, quando una campagna perfetta (o quasi) fece recuperare al centrodestra 10 punti di svantaggio.
    Per il momento, anche la campagna del Pdl è estremamente fiacca. Ad oggi si conta un solo coupe de theatre berlusconiano: il caso Alitalia. La trovata della cordata di imprenditori italiani ha il sapore del Cavaliere di un tempo: pura operazione di marketing che potremmo definire “patriottico”. Ma ha, comunque, due grossi difetti. Primo risulta poco credibile per l’intrinseca debolezza dell’economia italiana e della sua classe imprenditoriale. Difficle, per non dire impossibile, trovare degli imprenditori disposti a dissanguarsi ed accaparrarsi una azienda-colabrodo-ufficiodicollocamento assolutamente antieconomica. Vi è poi una seconda motivazione di ordine politico-ideologico. Politica perchè ha riportato in ballo l’ormai frustra argomentazione del conflitto d’interessi, ideologica per il contenuto stesso delle affermazioni di Berlusconi. Ma come, un liberale che si oppone alle logiche di mercato? Un liberale che antepone il “patrottismo” (concetto proprio della destra nazionalista che ingloba intrinsecamente, in un modo globalizzato e transnazionale, un’antiutilità economica) all’eliminazione di un costo enorme per la collettività? Forse si comincia a capire come come mai il Pdl abbia rifiutato di candidare un liberale come Capezzone…
    Alitalia a parte, della campagna Pdl si ricorda poco o nulla. Il sapiente utilizzo dei sondaggi sembra essere finito nel dimenticatoio e fino ad ora non ci sono colpi di scena entrati di prepotenza nell’agenda mediale italiana. C’è ancora l’ultima settimana prima del voto, è vero, ma nell’aria non c’è quella elettricità ben presente, invece, due anni fa.
    Forse la verità è che nessuno vuole vincere veramente. Nessuno vuole prendere in mano le redini di un Paese che “vanta” il terzo debito pubblico del mondo senza avere, però, anche la terza economia del mondo. In tempi difficili come questi è più facile sedere fra i banchi dell’opposizione.
    Vista in quest’ottica non sorprende più nemmeno la scelta dei due maggiori candidati di disertare il media per eccellenza: la televisione.
    Non farsi vedere è il modo migliore per perdere le elezioni.

    Brenno Zuccarello vice presidente Arsu
    Altri post su http://www.arsu.it

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