In questo momento il risultato che più mi colpisce è la debacle della Sinistra Arcobaleno. Che andasse male era evidenziato dai sondaggi, ma non fino a questo punto: attualmente non avrebbe alcun eletto (è sotto al quorum anche alla Camera). La Lega era in crescita, ma è questa l’altra grande sorpresa (se supera il 6.5 è un trionfo).
L’Udc va peggio del previsto, ma tiene e diventa la terza forza (in attesa di nuovo assetto politico e di una nuova legge elettorale).
Ho più volte definito la campagna del PD “per vincere domani”. Il risultato, guardando in particolare al Nord, indica che il cammino è ancora lungo.
il dato che emerge spaventoso stasera è che tutta l'”operazione veltroni” si è rivelata un bluff, aggiungerei un cinico bluff. ne spiego il perché. il leader del pd ha condotto una campagna enfaticamente centrata sul concetto di “voto utile”, ben conscio di drenare voti alla sinistra arcobaleno, ben conscio di perdere male, ben conscio quindi che i dieci punti di cui berlusconi parlava erano reali. nonostante ciò ha continuato a millantare una rimonta storica, un evento epocale, illudendo molti che “si poteva fare”. risultato: il dato del pd è virtuale, fittizio, gonfiato. esso è composto da una fetta di elettori della sinistra radicale (personalmente ne conosco parecchi, spesso basta guardare alla propria cerchia di amici per carpire tendenze elettorali) impauriti di berlusconi come gli elettori della dc lo erano del comunismo (fenomeno confermato dagli exit poll, che sono bugiardi perchè tali sono stati gli elettori della pdl). veltroni ha de facto ricattato, per cui il peso reale del pd è nettamente inferiore a quello registrato. e questo credo sia un vero fallimento della leadership veltroniana, che si ripercuoterà sulla condotta dell’opposizione stessa. in conclusione credo che l’assenza della sinistra in parlamento non sia un passo in avanti nel sistema politico italiano. semplificazione dei sistemi partitici non fa rima con la privazione della rappresentanza di segmenti tradizionali e cruciali della nostra complessa società. la semplificazione è sensata quando esclude forze autoreferenziali, scarsamente rappresentative o clientelistiche, quando non genera rischi di tensione sociale in un paese. male ha fatto il pd a non concedere rappresentanza alla sinistra arcobaleno nelle “regioni rosse”, dove tale operazione sarebbe stata piuttosto semplice e aggiungerei anche doverosa. invece è riemerso un cinismo di togliattiana memoria, andato a male però…scusate lo sfogo, magneticfield
Invece è un bene, a mio parere. Capisco davvero la delusione dei tanti sostenitori della sinistra arcobaleno ma, vedrete che nel medio-lungo perieodo capirete tutti che questa disfatta è stata un bene. Finalmente il centro-sinistra si può identificare in un unico partito, riformista ed europeista: L’ideologia è solo un retaggio del passato, una zavorra pesantissima che siamo riusciti a buttare a mare. I risultati dimostrano che le regioni rosse non esistono più, almeno non come prima. Il partito democratico ha un progetto che guarda avanti, non indietro. L’Italia era sfiduciata, si è rischiato un’elevatissimo numero di astensioni ed invece Veltroni è riuscito a convincere i cittadini che la cosa migliore da fare era votare: la sinistra arcobaleno evidentemente no. Vi siete chiesti perchè? Il voto utile il Pd non l’ha ottenuto, ma ha rivitalizzato e galvanizzato il proprio elettorato ( che non si sentiva più rappresentato ) e questa per il popolo di Walter è stata una grandissima vittoria. Certo, ci si aspettava una performance migliore e forse la dichiarazione di guerra alla mafia non l’ha aiutato in questo ( ricordiamoci che la mafia è il sistema che tutto controlla in Italia, purtroppo) soprattutto a sud. Il PD avrà tempo di rafforzarsi, di farsi conoscere ad è auspicabile che possa dialogare con il PDL in questo momento storico ed economico così difficile.Speriamo solo che Silvio non combini troppi danni…Mi concedete una previsione? Tra un paio di anni si torna alle urne.
evidentemente il mio intervento non è stato compreso. non volevo atteggiarmi a partigiano della sinistra arcobaleno. ritengo solo che il bipartitismo (peraltro non davvero tale) affermatosi ieri non corrisponde per nulla ad una evoluzione naturale del sistema politico. Il PD prende un 33per cento che in verità è un 26-27, è un dato palesemente gonfiato. ripeto: conosco moltissimi elettori di sinistra che si sono turati il naso per impedire la scontata ascesa di berlusconi a palazzo chigi. ma non è pensabile che da questo strano paese sia d’emblée scomparsa la sinistra italiana, non solo quella che si definisce spesso “massimalista”, parlo proprio di quella socialdemocrazia identitaria ma riformatrice che il partito democratico non ha voluto essere (per espliciti comportamenti di veltroni) ma che sarà costretto ora ad essere nell’arena parlamentare. con due gravi limiti però: 1) la collocazione europea è ancora incerta, urgono quindi immediati chiarimenti da questo punto di vista, i suoi dirigenti devono dire chi sono, che società immaginano, basta marketing politico e trionfo dell’effimero 2) si troverà in palese difficoltà a rappresentare i segmenti della sinistra esclusa, perché quando ci sarà il bisogno di farlo si troverà la strada sbarrata proprio da quei parlamentari “di ferro”, centristi, che ha candidato nell’illusione di poter rimontare chissà che…ma gli impietosi numeri ci dicono che alla sua prima campagna elettorale veltroni non ha spostato neanche un voto, dicasi uno, da una coalziione all’altra. e questo a mio giudizio è un grave fallimento.
Il popolo dell’Ulivo era deluso e non sapeva da che parte stare: Veltroni non ha spostato molti voti ma almeno per ora sembra che abbia almeno riconquistato il proprio elettorato. Può e deve solo rafforzarsi…ci vuole un pò di fiducia ed ottimismo. Un famoso giornalista oggi a scritto che la politica non è sogno. E’ vero. Ma la politica, quella buona, si nutre di sogni e di ideali. Veltroni per il suo popolo rappresenta queste cose: per la prima volta chi ha votato democratico non si è tappato il naso nell’urna. Per me questa è una vittoria.
Le previsioni dei vari istituti di ricerca andavano da 3 a 8 punti di distacco. Quello che nessuno aveva previsto era la debacle della Sinistra Arcobaleno. Ciò che deve far riflettere è il forte distacco tra i due schieramenti principali nonostante la scomparsa della Sinistra.
Si tratta di un terremoto e ci saranno altre scosse di assestamento, ma si sta delineando un assetto politico più simile agli altri Paesi (tenendo conto della nostra variabile “presenza politica dei cattolici”).
E’ finita come il popolo, la gente comune, sapeva benissimo sarebbe finita. Con la vittoria, netta, del tandem Pdl-Lega. Gli unici a non saperlo, pare, fossero i cosiddetti interlocutori privilegiati, i media, gli analisti politici, gli editorialisti, i commentatori.
I giornali hanno narrato di un Pd in grande ascesa, capace di erodere consensi al Centrodestra fino ad arrivare a meno di tre punti di distacco. Lo spettro di un nuovo stallo al Senato (soprattutto in considerazione del fatto che un’eventuale maggioranza del Pdl non avrebbe avuto l’appoggio dei senatori a vita), insomma, era tornato ad aleggiare sopra le teste degli italiani. Il tutto, poi, era corroborato da altre affermazioni allucinate: la Santanchè che buca lo schermo e cattura l’elettorato deluso di An (non ha superato lo sbarramento del 4% e non mette nemmeno piede in Parlamento); la Sinistra Arcobaleno in grado di raccogliere i delusi dal progetto Pd (stesso risultato dei colleghi de la Destra); L’Unione di Centro del piacione Casini in grado di riesumare gli antichi fasti della “balena bianca” (ha preso il 5,6% perdendo quasi due punti rispetto al 2006 e strappando due senatori esclusivamente in Sicilia).
Doveva esserci grande astensionismo e invece l’affluenza si è mantenuta sopra l’80%, con un calo rispetto al 2006 di soli 3 punti, dimostrandosi in linea con l’andamento delle elezioni nel resto d’Europa.
Insomma, gli “addetti ai lavori” non ne hanno azzeccata una. Evidentemente la lezione del 2006 non è servita a nulla. I media continuano ad essere lontani dalla gente, dalle piazze, ed hanno perso la capacità di tastare il polso alla reale maggioranza del Paese. I giornalisti non girano più, aspettano, ancorati al loro desk, l’arrivo delle agenzie, parlano con sindacati, grandi imprenditori, associazioni. Ma questi non sono lo specchio della gente “vera”.
Gli exit pool. Altro, esilarante, capitolo di queste elezioni. Alle 15 di ieri, alla chiusura delle urne, quasi a reti unificate, i network hanno messo in onda i risultati degli exit pool effettuati dai soliti istituti di ricerca demoscopica: risultato? Pdl avanti di soli 2 punti, con una forbice del 2%. Il che, ipoteticamente, poteva significare ancora pareggio. Spettro stallo al Senato riconfermato in pieno. Come sapete, la realtà è ben diversa, con un distacco di 8 punti. Una bella differenza. La ragione di questi errori macroscopici che di statistico hanno poco o nulla? Gli italiani. Il sondaggio, l’exit pool è uno strumento d’indagine conoscitiva usato in tutto il globo con risultati discreti. Certo, non è dogmatico, ma se calibrato correttamente è in grado di indicare al committente alcune importanti linee di tendenza dell’elettorato. Allora perchè da noi non funziona? Le ragioni, a mio parere, sono due: campioni troppo ristretti e, quindi, poco rappresentativi (1000 interviste sono troppo poche per tracciare una tendenza) e, appunto, la falsità del popolo italico che, interpellato all’uscita dei seggi, ha quella malsana tendenza a mentire all’intervistatore, dichiarando un voto diverso da quello che effettivamente ha espresso in cabina. In fondo, in fondo, lo posso anche capire. Il cittadino, infatti, intervistato da quegli stessi media che raccontano una realtà diversa dal reale si sente a disagio ad esprimere una posizione divergente rispetto a ciò che viene comunque ancora percepito come un’autorità, per cui, tende ad assecondare le posizioni dei mezzi d’informazione, alimentando un meccanismo perverso di gratificazione autoreferenziale dei media. Passiamo all’analisi del voto. Le urne, infatti, ci hanno restituito molti responsi interessanti.
Partitini addio. La prima considerazione riguarda assolutamente la sconfitta delle piccole formazioni. Il partitismo, forse, è finalmente finito anche in Italia. Gli elettori hanno premiato le grandi formazioni dimostrando di aver apprezzato la campagna sul “voto utile” lanciata da Berlusconi ed appoggiata da Veltroni. Lo sbarramento del 4% alla Camera e dell’8% al Senato ha fatto il resto. In Parlamento, adesso, rimangono solo 5 sigle (4 per il Senato): Pdl, Pd, Lega Nord, Italia dei Valori, Udc.
Estremi out. Altra considerazione, fortemente linkata alla prima: gli estremismi rimangono fuori dal Parlamento. In linea con una tendenza delle democrazie occidentali più mature, anche la nostra si è finalmente liberata dal gioco delle frange estreme, da un lato e dall’altro. Restano a casa, infatti, la coalizione della sinistra massimalista, Sinistra Arcobaleno (che raggruppava Comunisti Italiani, Verdi e Rifondazione), e la Destra che, oltre ai transfughi Santanchè e Storace, raggruppava anche una serie di pericolose schegge della Fiamma Tricolore.
L’anomalia leghista e dipietrista. E’ in apparente contraddizione, in quest’ottica di eliminazione dei partiti minoritari, l’exploit della Lega Nord, capace di superare il 30% in tutte le circoscrizioni del settentrione. In realtà, l’allarme rientra se si guarda alla Lega con gli occhi del 2008 e non con quelli del 1993. Il Carroccio non è più un movimento secessionista. Le posizioni più estreme sono morte con la malattia del Senatur e la salita al potere, quello reale, di Maroni e soci. La Lega è diventata un partito pesante, strutturato sul territorio alla maniera della vecchia Dc, che lavora parrocchia per parrocchia, casa per casa, in puro old style. Vecchio, viene da dire, ma molto efficace. La sua campagna elettorale ha fatto leva sui sentimenti e sulle tasche del popolo del Nord. Sicurezza, controllo della immigrazione e poi soldi, soldi, soldi. Ecco la chiave del trionfo Leghista: il federalismo fiscale. I settentrionali hanno votato questo: vogliono il federalismo e sanno che con una Lega così forte e determinante anche alla Camera, se Berlusconi non provvederà nel giro di sei mesi, si tornerà alle urne la prossima primavera. Il voto a Di Pietro, invece, così come, in parte minore, quello leghista, si spiega sotto un’altra ottica. L’antipolitica. L’exploit dipietrista è l’emblema della voglia da parte di una erta quota di elettorato di una stagione nuova, di rinnovamento e condanna definitiva dei rimasugli di Prima Repubblica. Bisogna sottolineare, comunque, che l’Italia dei valori ha fatto bene (4,5%), ma non benissimo. Segno che un’eventuale scesa in campo dell’antipolitico per eccellenza, Beppe Grillo, non avrebbe sconvolto gli equilibri.
La debacle aennina. Il trionfo leghista fa il paio con il tonfo di An, almeno nel Nord Italia. La mancata presenza del simbolo alle schede elettorali impedisce di provare qualsiasi congettura, ma il sospetto, forte, c’è. L’elettorato di An, frustrato dal progetto Pdl visto come una perdita d’identità ed un’annessione a F.I., ha votato per la Lega. Sembra difficile credere che gli elettori di un partito nazionalista possano barrare un simbolo secessionista ma è così. D’altronde, sicurezza e federalismo sono due pallini anche di Fini… L’esempio trevigiano, a mio parere, è illuminante. Alle scorse Politiche, in provincia di Treviso, F.I. raccolse il 25%, An il 10% e la Lega il 14%. Ieri il Pdl (F.I.+An) 27% Lega 31%. La Lega ha sicuramente raccolto tanti indecisi che gravitavano nel Centrodestra, ma credo che sia innegabile il travaso da An al Carroccio. Per i dirigenti del (ex) partito ora è tempo di capire le ragioni di questa sconfitta. Una campagna debole, lontana dalle battaglie valoriali a cui ci aveva abituato Fini è forse il sintomo di un movimento che ha esaurito la sua spinta. D’altronde la nomina di Fini a presidente della Camera (ma non voleva il ministero degli Esteri e il vice premierato?) suona molto come una cocente punizione berlusconiana per il flop di An. Sembra quasi di rivedere lo stesso percorso di Casini in seno alla Cdl…
I giovani votano Lega. Può sorprendere, può lasciare stupefatti, può allibire alcuni, ma è la realtà. I giovani del Nord, i veneti in particolare, hanno votato la Lega. Lo dimostra l’exploit alla Camera, dove bastano i 18 anni per esprimere la preferenza, che ha visto la Lega salire fino al 35% in confronto al 30% del Senato. Cosa significa questo? Non lo so. E’ presto per dirlo. la Lega non è più il partito che fu. Un partito di pancia, che godeva dei favori di un elettorato piuttosto anziano e di bassa scolarizzazione. Certo, Lega e cultura continuano a viaggiare su due binari distinti, ma le battaglie economiche hanno attirato l’attenzione dei tanti, tantissimi, arricchiti che popolano in Nord Est. Compresi i rampolli dei piccoli imprenditori.
Brenno Zuccarello, Vice Presidente Arsu
Altri post su http://www.arsu.it
Brenno: gli exit poll (non pool) hanno sottostimato il pdl ma sono stati da subito abbastanza precisi, secondo me. Piuttosto le prime proiezioni di Consortium erano abbastanza lontane dal voto reale. Mi sembra piuttosto che si confermi una scarsa mobilità del voto, che è soprattutto una mobilità interna agli schieramenti, e la difficoltà del centrosinistra a fare risultato nel proporzionale. Sento parlare di flussi dalla sinistra arcobaleno alla Lega: credo siano solo speculazioni ma aspetto di vedere dei veri dati.
Sull’attendibilità e sull’uso improprio dei sondaggi ci sarebbe molto da dire (e in futuro lo farò…lasciatemi prima riprendere dalle fatiche elettorali). Secondo voi il panorama dei partiti che esce dalle urne è quello che caratterizzerà la nuova fase della nostra stagione repubblicana o è destinato a cambiare?
Per quanto riguarda la sinistra arcobaleno le prime analisi evidenziano flussi in uscita verso la Lega Nord. Saprò essere più preciso nei prossimi giorni.
il sistema partitico non ha trovato equilibrio dopo questo voto, è destinato nuovamente a cambiare. e secondo me cambierà, o almeno lo spero, in direzione di quel pluralismo moderato che è lo specchio del nostro paese. non credo alla stabilità di questo bipartitismo (peraltro non davvero tale) forzoso e coatto, e d’altra parte neanche i numeri lo confortano. il pd, ripeto, si è gonfiato artificialmente, mentre il pdl ha una consistenza maggioritaria, è vero, ma è dipendente sia alla camera che al senato da un partito territoriale. vedremo quale legge elettorale sarà messa a punto, perchè è evidente che tra qualche settimana bisognerà pensarci. la lega non può accettare la via referendaria, il cui successo la spazzerebbe via, a meno che essa non confluisca nel pdl. molto insomma dipenderà dalla legge elettorale. se questa sarà permissiva i giochi nel sistema partitico si riapriranno, a testimonianza che quanto avvenuto l’altro ieri è più il frutto di una strategia elettorale abile dei due principali competitori e soprattutto dell’azione esercitata dai meccanismi selettivi della legge elettorale, piuttosto che dell’evoluzione “naturale” del nostro sistema dei partiti.
Grazie patrickcolgan per la puntuale segnalazione del refuso. Un errore di battitura, credimi! Per quanto concerne l’emorragia della sinistra arcobaleno nei confronti della Lega, beh, non mi stupirebbe affatto. Il Carroccio è sempre stato abbastanza al di fuori delle logiche destra-sinistra. Se andiamo a vedere la composizione del suo elettorato, ci accorgiamo che la Lega, da sempre, raccoglie consensi nelle periferie, nelle situazioni di disagio e nelle sacche di bassa scolarizzazione. Sono caratteristiche che l’accomunano molto alla sinistra massimalista. Il Carroccio, infatti, non sfonda nei grandi centri urbani, soprattutto nei centri storici dove prevalgono di gran lunga Pd e PDl.
La Lega non è di certo un fenomeno da baraccone, ma neanche da sovrastimare così tanto come stanno facendo i media in questi giorni. E’ stato, come sempre in tempi di crisi, un voto di protesta nei confronti dei grandi partiti. Sento parlare di grande attività della lega sul territorio ( da me si sono viste solo le ronde padane che non fanno onore a nessuno) per il resto si fanno vedere solo in campagna elettorale. ( Io vivo nel profondo Nord!). La Lega ha però avuto il vantaggio di essere l’unico partito che non si è trasformato: la coerenza è uno degli elementi chiave per veicolare un messaggio. Il Pd è totalmente cambiato rispetto al vecchio Ulivo da cui ha tagliato molti rami secchi, Forza Italia ne è uscita sbiadita e gli elettori di An non possono riconoscersi facilmente nel PDL. Ha vinto secondo me anche la voglia di dare stabilità al governo: Berlusconi era avanti nei sondaggi, può darsi che molti abbiano scelto di votarlo per questo motivo. Gli italiani sono davvero uno strano popolo…