L’ ultima carta di Brown: Sono l’ anti-star

da Repubblica del 24 settembre 2008 p.18

Sostiene una vecchia regola dello «spin», ovvero di come presentare al meglio un leader politico: usa i tuoi difetti a tuo vantaggio, invece di nasconderli o camuffarli. Gordon Brown l’ ha seguita abilmente, nel discorso forse più importante della sua carriera, quello del «make it or break it», o la va o lo spacca, ieri al congresso annuale del partito laburista a Manchester. Accusato di essere serioso, privo di carisma, non telegenico, e di avere anche per questo trascinato il Labour a picco nei sondaggi, il primo ministro ha ammesso: è vero, sono fatto proprio così. «Voglio parlarvi di chi sono e di ciò in cui credo», ha cominciato. «Non sono entrato in politica, venticinque anni or sono, per diventare una celebrità o pensando che sarei sempre stato popolare: sono entrato in politica per servire il paese che amo. Non sono venuto a Londra (dalla sua Scozia natia, n.d.r.) per unirmi all’ establishment, ci sono venuto per cambiare l’ establishment. So chi sono e non voglio cercare di essere ciò che non sono. Se la gente dice che sono troppo serio, ebbene, francamente oggi ci sono molte ragioni per essere seri. E se qualcuno chiede perché non metto in posa i miei figli per paginate di foto sui giornali (come faceva il suo predecessore Tony Blair, n.d.r.), la mia risposta è semplice: i miei figli non sono propaganda: sono persone». Ha funzionato. Il tono sincero, la difesa del suo modo di intendere la politica, insieme all’ ammonimento che questi non sono tempi per scherzi e battute, gli hanno fatto guadagnare applausi a scena aperta e giudizi positivi da tivù e giornali. Gli ha dato una mano anche la moglie, Sarah, introducendolo a sorpresa sul podio, con una scenografia da «first lady» americana, lei che di solito, diversamente da Cherie Blair, rifugge le luci della ribalta, accontentandosi di fare la madre di due bambini (uno affetto da una grave malattia) e di lavorare per un’ associazione di carità. Gordon le è andato incontro e l’ ha baciata due volte sulla bocca: anche questa una novità, per uno come lui che non ama le dimostrazioni di affetto in pubblico. La base laburista applaudiva e fischiava come a teatro. L’ altra carta giocata da Brown è stata quella della sua esperienza nel gestire il boom economico britannico dell’ ultimo decennio (come ministro del Tesoro di Blair, prima di prenderne il posto un anno fa): un’ esperienza quanto mai necessaria ora, di fronte alla crisi finanziaria globale. «Come stimolo al progresso, in generale sono favorevole all’ apprendistato», ha ironizzato il premier, «ma questo non è il momento di affidare il Regno Unito a un novizio»: allusione a David Cameron, il leader dei conservatori, ma forse anche a David Miliband, l’ attuale ministro degli Esteri, indicato da molti come il suo più probabile sostituto, se lui fosse costretto a dimettersi. Uno scenario, quest’ ultimo, che tuttavia rimane possibile: se entro l’ estate prossima Brown non risalirà nei sondaggi, quasi certamente ricomincerà la ribellione contro di lui, per permettere al Labour di affrontare le elezioni del 2010 con un leader più spigliato, simpatico, moderno: insomma, meno serioso. – ENRICO FRANCESCHINI

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