Con le convention del partito democratico e del partito repubblicano ha avvio la fase finale delle elezioni presidenziali statunitensi. Oltre alla nomination ufficiale dei candidati alla presidenza, le convention hanno una forte valenza comunicativa: i partiti sono impegnati a mostrare unità dopo le immancabili divisioni generate dalle primarie, i candidati hanno l’occasione di farsi conoscere meglio e di definire i temi e i messaggi che caratterizzeranno le loro campagne.
Quest’anno per la prima volta le convention dei due partiti si terranno a breve distanza, con il partito repubblicano che inizierà la sua solamente 72 ore dopo il discorso di accettazione della candidatura alla presidenza da parte di Barack Obama…
vi segnalo questo articolo molto interessante del corriere on line di oggi
Non tutti sono spontanei
I cartelli alla convention democratica:
Ecco chi è il «manovratore»
Gli addetti alla distribuzione e alla coreografia: quando sventolarli e quali tipi fare vedere
DENVER – «Metti giù quel cartello. Bisogna sollevarlo al momento giusto». Alcuni dei delegati americani all’estero gridavano inferociti contro una ragazzona, che saltava agitando un poster con il nome di Hillary alla convention democratica. Visto in tv, quell’ondeggiare di cartelli e manifesti alle convention americane sembra naturale e spontaneo. E invece no: c’è dietro un’attenta regia, ci sono regole precise che i delegati devono rispettare. Mercoledì, poco prima del discorso di Bill Clinton, erano state distribuite le bandierine americane da sventolare nei momenti clou. Finito il discorso e iniziato il successivo, Anthony Sistilli, presidente di Democrats Abroad Italy, veniva anche lui sgridato per aver usato la bandiera fuori luogo.
ISTRUZIONI COREOGRAFICHE PER UNA CONVENTION – Cartelli di due tipi: ci sono quelli con il nome del candidato o dello speaker e quelli tematici. Lunedì, primo giorno della convention, lo slogan era «One Nation» e la protagonista Michelle Obama. Dunque, gli organizzatori avevano prodotto cartelli alti e stretti montati su un bastone, sui quali c’era scritto «Michelle», a lettere bianche su fondo blu. E c’erano poster rettangolari, su cui stava scritto «One Nation», anche questi bianchi e blu. Il secondo giorno era dedicato all’economia. «Strong America, strong middle class» e «McCain more of the same» (quest’ultimo bianco e rosso) erano i pezzi forti. Era anche la giornata di Hillary. Al momento del discorso, ai delegati è stato chiesto di agitare manifesti bianchi con la firma della Clinton stampata sopra. Sono stati distribuiti anche cartelli alti e stretti di Obama e di Hillary, uniti dalla comune caratteristica di riportare sul retro la scritta «Unity».
I DETTAGLI CONTANO – Nei cartelli va usata una combinazione ragionata e ripetitiva di colori (rosso, bianco e blu in questo caso, come la bandiera degli Stati Uniti). Anche il tipo di carattere è importante: bene la varietà, ma contenuta. Tutti i cartelli alti e stretti avevano le stesse letterone grosse (tranne quello di Biden). Tutti i poster una combinazione di caratteri leggeri e in grassetto. Serve personale dedicato alla distribuzione. «Quelle persone laggiù con la casacca di emergenza», dice Sistilli, «vanno in giro e comunicano pure le istruzioni su quando bisogna sollevarli». Affidare a uno o più «capogruppo» il compito di far rispettare le regole. E prevedere un sistema «d’emergenza» per cambiare le istruzioni. Mercoledì, ad esempio, durante il discorso di Tammy Duckworth, politica dell’Illinois e veterana dell’Iraq, il telefono sul tavolino di ogni delegazione ha cominciato a squillare. Si chiedeva ai delegati di sventolare la bandiera americana insieme al cartello «Protecting America’s future» durante il discorso della Duckworth. I capogruppo, informati, hanno sparso la voce.
DISTRIBUZIONE – Prevedere una distribuzione continua nei momenti di maggiore intensità. I cartelli sono stati usati solo nelle ultime due ore di ogni giornata della convention. Mercoledì alla fine ne arrivavano pure troppi. Due alle 20,30: «McCain more of the same» e «Obama for the change we need». Un altro alle 20,36: «Obama Biden». La prima combinazione è stata usata alle 20,43 quando il senatore Kerry ha pronunciato la frase chiave «that’s not change, that’s more of the same», riferita a McCain. L’altro è stato invece sollevato alle 20,52 alla fine del discorso del candidato vice presidente Biden e poco prima dell’apparizione a sorpresa di Obama. Tutto per le telecamere.
SOUVENIR – Ma anche fuori dalla convention, ai party di Denver, i cartelli sono di moda (tranne quello di Biden, che è stato anche buttato nei cestini). E poi ognuno se li porta a casa gelosamente. Si possono vendere su eBay. «Avevo due cartelli Hillary-Unity. All’uscita ne ho venduto uno per 5 dollari a un tizio che me lo ha chiesto», dice David Gottlieb, 20 anni, studente di Denver. «Avrei potuto chiedergliene 20, ma ho preferito condividere l’emozione del momento». E come per ogni regola, c’è il piacere di violarla. Codepink ha distribuito cartelli clandestini a forma di mano che fa il segno «V» (vittoria). La scritta: «I am a delegate for peace». I delegati non li sventolavano, ma qualcuno li portava attaccati a cappelli o vestiti.
Viviana Mazza
28 agosto 2008
“How perfect that your nomination would come on this historic day. Tomorrow, we’ll be back at it. But tonight, Senator, job well done”
John McCain
Il senatore dell’Arizona si è così complimentato con Barack Obama per la sua investitura ufficiale. La quiete prima della tempesta?
un interessante articolo da il giornale on line di oggi a firma di marco massara
Obama vs McCain: andamento online
A poco meno di due mesi dalle presidenziali abbiamo voluto fare un punto della situazione: strategie online e calls-to-action a confronto.
Mentre per i più giovani e smanettoni è ormai pronta una pagina su MySpace dedicata ai dibattiti in diretta dal 26 settembre alle elezioni tra B. Obama e J. McCain, Il Wall Street Journal analizza e mette a confronto in grande stile le strategie di marketing online, i successi e le debolezze dei due candidati presidenziali negli Stati Uniti. McCain si rivela essere il più forte nel search marketing (collegamenti sponsorizzati ecc.), mentre Obama si distingue per un’eccellente campagna a SEO (ottimizzazione per i motori di ricerca) e investe nuove e copiose risorse sulla propria visibilità attraverso i display ads (flash, popup, banner creativi e chi più ne ha più ne metta…).
Secondo il WSJ:
In July, the McCain campaign had 15.1 million sponsored link impressions — the number of times that an ad is downloaded onto a computer screen — compared with the 1.2 million for the Obama campaign, according to Nielsen Online.
[Ovvero: nel mese di Luglio, secondo Nielsen Online, gli annunci testuali di McCain (quei box che vediamo su Google sulla destra o in alto dopo una ricerca) hanno ottenuto 15,1 milioni di impressions da link sponsorizzati rispetto ai 1,2 milioni della campagna di Obama.]
Nonostante questa distanza a livello di sponsored link impressions, Obama ha scelto di distanziare l’avversario concentrando la sua spesa on-line in annunci e pubblicità a maggior effetto visivo. La sua campagna in diplay ads (immagini, pop-up, pop-under, flash-adv ecc.) ha avuto infatti 416,7 milioni di impressions, rispetto ai 16,5 milioni del senatore McCain.
Senza contare i soldi spesi nell’ambito del search marketing, TNS Media Intelligence ha stimato che, partendo da Febbraio 2007, la spesa dei due candidate è stata di circa 7 milioni di dollari nell’online advertising e di 300 milioni nella TV. Esatto, 7 milioni: poco più del 2 per cento della spesa TV. La spesa totale Online, compresi gli annunci sulle ricerche nei motori raggiunge circa il 7% del totale delle spese sugli annunci negli interi Stati Uniti.
I dati dicono con chiarezza che Wobama (e non si tratta di un errore “di stampa”) è avanti di circa il 15-16%. Così dimostrano i due grafici generati con Google Insights for Search relativi agli ultimi 30 giorni.
Negli ultimi giorni i due candidati si sono anche scontrati su YouTube (vedi i canali di Obama e di McCain) con risultati positivi per McCain e su Twitter con risultati confortanti per Obama; ma John McCain, con un po’ di ritardo, sembra recuperare il terreno perso sul web nei primi tempi di campagna elettorale.
Secondo Spindoc.it (autore: Emiliano Germani):
…questa revanche new-mediatica di McCain avrebbe influenzato pesantemente i risultati dei più recenti sondaggi che vedono Obama in sofferenza e McCain in decisa crescita nel gradimento dell’elettorato. E poco importa se Paris Hilton ha voluto vendicarsi del senatore McCain creando una clip in cui condanna quel vecchio rugoso che ha cercato di usare la sua immagine per farsi propaganda elettorale.
Ma questa parentesi, da Web 2.0, è solo l’inizio della prossima storia.