Quella fretta e l’ esposizione mediatica: un boomerang

di Aldo Grasso (Corriere della Sera, 24 luglio 2009, p.5)

Il calo di popolarità registrato quasi a sorpresa dal presidente Barack Obama pone un vecchio problema teorico. Nonostante il suo indubbio carisma, la sua presenza scenica, la confidenza con i media, l’ indice di approvazione del presidente è infatti calato al 55% dopo i primi sei mesi alla Casa Bianca, un dato superiore a quello di Bill Clinton nello stesso periodo ma uguale a quello di George W. Bush. Secondo un sondaggio dell’ Associated Press-Gfk, c’ è l’ impressione che Obama voglia fare troppe cose tutte insieme e con eccessiva fretta. Crescono così i dubbi sugli effettivi risultati che riuscirà a ottenere. Il problema è dunque questo: conta di più l’ immagine che un leader riesce a crearsi o contano di più i fatti concreti? Secondo l’ autorevole sito Politico.com, l’ immagine di Obama si starebbe appannando. Colpa della sua massiccia presenza sui media, a poche ore dall’ ennesima conferenza stampa tv in prima serata, la quarta in sei mesi; tante quante ne fece il suo predecessore George W. Bush nel corso però dei suoi otto anni passati alla Casa Bianca. È vero che Bush aveva seri problemi a parlare in pubblico (ogni sua apparizione era una manna per i talk comici) ma da cosa dipende questa sovraesposizione di Obama? Da due fattori: uno è contingente ed è legato alla politica dell’ Amministrazione; l’ altro invece riguarda la complessa e autonoma vita dei media. Da settimane va in onda uno spot, curato dal suo staff, dal titolo «Health Care, It’ s Time», è il momento per la riforma, in cui una serie di americani senza copertura sanitaria raccontano la loro storia drammatica e chiedono al Congresso di fare presto. Obama ha contro le potenti lobby delle assicurazioni, dei medici e di quanti vivono sulla sanità a pagamento, appoggiate dai repubblicani. La fretta con cui il presidente vuole ottenere l’ approvazione del Congresso può essere una cattiva consigliera. Obama sta sopravvalutando la sua indubbia fascinazione mediatica e rischia di produrre un «effetto perverso»: il troppo stroppia, l’ overdose si ritorce contro e annulla l’ efficacia del messaggio. Ma ormai l’ icona di Obama vive anche di vita propria, non è più controllabile dal diretto interessato una volta che entra nel circuito globale dei media, da quelli più tradizionali come la tv a quelli più recenti della Rete. Fox News, per esempio, lo massacra ogni giorno, senza alcun riguardo. Certo, se la riforma passa (e qui torniamo al problema teorico posto all’ inizio) significa che la protezione sanitaria verrà estesa a 47 milioni di americani che ne sono privi e l’ immagine di Obama splenderà di luce nuova (potrebbe persino concedersi delle marachelle, pur nei limiti del puritanesimo americano). Al contrario, la caduta sarà libera.

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