Il 22 novembre in Olanda si terranno le elezioni politiche. Si tratta di una sfida interessante per vari motivi: si fronteggiano liberali e conservatori che rappresentano due visioni del futuro, in Olanda si assiste alla medesima frattura tra centro e periferia, il leader conservatore usa un tono comunicativo che ricalca elementi “berlusconiani”. A leggere alcune cronache la visione che abbiamo dell’Olanda è molto parziale e distorta: la nazione libera e tollerante (droga e sesso), avamposto di diritti avanzati (gay ed eutanasia) è confinata in realtà ad alcuni quartieri di Amsterdam.
Spaventata dagli omicidi del leader populista Pim Fortuyin (nel 2002) e del regista Theo Van Gogh (nel 2004) si è scoperta più bigotta e xenofoba, di fronte all’immigrazione ha riscoperto le tradizioni e, in questo caso, la periferia è sembrata prevalere sulla città (non solo dal punto di vista elettorale, ma anche valoriale). Il primo ministro uscente Jan Peter Balkenende (50 anni, a capo di una coalizione cristiano democratica di centrodestra) è in forte recupero nei sondaggi grazie ad un messaggio positivo “basta piangersi addosso, siamo un grande Paese, con un grande futuro” e ad una ripresa economica che incomincia a farsi sentire (per il 2006 crescita del pil al 2,6%, disoccupazione che dovrebbe scendere sotto il 5%, inflazione che non supererà l’1,5%, con un rapporto deficit/pil dello 0,5). Inoltre è bastato un accenno del leader laburista Wouter Bos (43 anni, ex manager della Shell) alla necessità di toccare le pensioni per alienarsi una buona fetta di consensi. Ancora una volta lo schema “sinistra alza le tasse, la destra le abbassa”.
Come vedete il contesto/frame competitivo non è poi tanto differente dalle elezioni italiane dello scorso aprile. Berlusconi, però, non aveva dalla sua dati economici positivi.
mi limito velocemente a commentare il tuo penultimo post….
se con lo staff intorno combinava disastri..immaginiamo da solo…
ripasso oggi saluto stef
carino il blog
complimenti
giuseppe
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